Costellazioni di Matteo Bosi
Mostra personale in omaggio al Guercino
A cura di Franco Bertoni
Dal 7 dicembre 2024 al 9 marzo 2025
Museo Ugonia, Brisighella (RA)
Festivi e prefestivi 10.00-12.30 / 15.00 - 17.00
“Costellazioni” è il titolo della personale di Matteo Bosi curata da Franco Bertoni che al Museo Ugonia (apertura prorogata al 9/3) rappresenta un nuovo omaggio all’opera del Guercino (1591-1666). Al Museo brisighellese è possibile ammirare, esposta in permanenza, la grande pala commissionata dalla famiglia Naldi al pittore centese intitiolata “San Francesco d’Assisi e San Ludovico di Francia” (1618). Precedentemente esposta presso la locale Collegiata l’opera è stata spostata e messa in sicurezza a causa dei problemi strutturali che tuttora intessano la chiesa. Di Bosi (1966) sono in mostra nuovi “Riemersi”, ovvero volti immagini rovinate dal tempo, che l’artista cesenate fa rinascere come piccoli ritratti artistici stampandoli su carta “fine art” certificata in alta risoluzione, come fossero opere d’arte. «Li ho solo leggermente ottimizzati, ripuliti – dice – lasciando tutta la loro suggestione romantica». Il suo lungo percorso artistico caratterizzato dall’utilizzo di molteplici strumenti espressivi, lo vede allestitore di musei d’arte e mostre fotografiche in italia e all’estero per conto di enti pubblici e fondazioni; dal Centro Cinema Città di Cesena al Comune di Rosignano Marittimo, al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza e Biblioteca Malatestiana. Ha anche curato l’edizione del San Marino International Film Festival e quello del Montefeltro Film School Festival. Nelle proprie foto, spesso oniricamente tratteggiate come crisalidi, sogni, ossessioni, icone di natura prevalentemente erotica, ma di composta eleganza, fa emergere il gusto per la sperimentazione che si fa surreale strumento di capovolgimento della realtà. «Siamo figli di un’idea dell’estetica della pulizia, del rigore – sottolinea -- che non lascia spazio all’”orrore dell’errore”, ad una fotografia non perfetta, non equilibrata. Lasciando invece vive queste contraddizioni. mi è parso di cogliere qualcosa di interessante e di diverso. Artisticamente si muore per diventare qualcosa d’altro, e una visione “impossibile” può divenire esperienza condivisa». «Toccato in qualche modo – dice Franco Bertoni – dall’immaginario più estremo, da un senso di nostalgia, dall’allegoria, dalla bellezza acerba e dalla sensualità, Bosi ha voluto inoltrarsi in quel terreno buio e impervio che è il regno del rimosso. Tuttavia conserva memorie, segni e tracce. All’ombra simbolica dei cipressi (si pensi a Böcklin) Bosi ha raccolto frammenti di legno, spesso combusto, da utilizzare come supporto per fotografie e carte altrettanto usurate sulle quali, poi, è intervenuto ulteriormente con strappi, lacerazioni, giustapposizioni coloristiche e le più varie materie». Si va pertanto in mostra da “Non omnis moriar, liturgia in camera oscura” agli archivi fotografici della Grande guerra di “Fanti di memoria”, da “Cartoline in viaggio” agli “Innesti” fra natura e corpo umano, fra paura e meraviglia. “Costellazioni” che come timoni psichici che segnano il nostro tempo. «Noi siamo ciò che ricordiamo di essere stati», rammenta l’artista con un suo significativo titolo. Opere di grande pathos che sanno di fusione mistica e di magia. di ritratto velato, in cui prevale la dimensione notturna del sogno e dell’incubo. Santi, martiri, moderne Ofelie, soldati da prima linea, attrici dimenticate, personaggi oggi sconosciuti, ma che pur ebbero peso e rilievo e volti anonimi compongono una iconografia di un perduto e di un rimosso cui, però, non sembra essere concessa alcuna chance di resurrezione.
Marcello Tosi (Corriere Romagna)